mercoledì 7 gennaio 2009

Più di ogni cosa

Non era assolutamente possibile, chiunque lo avrebbe asserito senza tema di smentite, nondimeno il fatto che egli… esso… insomma il fatto che fosse lì davanti a loro era una dimostrazione più che valida del contrario, o forse no.
Era ovvio che la prima cosa a cui tutti avevano pensato era un’allucinazione. Del resto esistevano anche le allucinazioni collettive, non era forse vero? Magari assieme a tutta la polvere avevano respirato chissà cosa e quello era il risultato, anche se nessuno di loro aveva espresso apertamente questa opinione.
C’era però anche da dire che come allucinazione era straordinariamente realistica, altro che effetti speciali cinematografici. Si potevano distinguere i pori della sua pelle, i movimenti ritmici della respirazione – ma era normale poi che respirasse? – e la voce poi, qualcosa di simile non avrebbe potuto essere originato da un’allucinazione o da un delirio febbrile, no di sicuro, non poteva che essere reale. Ma come poteva essere reale? Queste cose esistevano solo nelle favole, e favole decisamente datate per di più, quasi fuori moda.
Allora, avete deciso?” domandò nuovamente la creatura, e ancora una volta nessuno dei tre poté parlare. Forse si sentivano stupidi a rispondere ad un’allucinazione, ma forse più che altro avevano paura che non lo fosse.
“Ma alla fine che cosa abbiamo da perdere?” domandò all’improvviso uno di loro, quasi più a se stesso che agli altri due. “Male che vada non succederà niente e avremo fatto la figura degli stupidi, ma a parte noi tre chi lo saprà mai?”
Il secondo non poté evitare di rivolgere un’occhiata nervosa alla cosa che gli stava davanti, vicina a sufficienza da poter essere toccata, per quanto lui non avesse la benché minima intenzione di farlo, neppure per scoprire se era veramente solida e tangibile. “E se fosse tutto uno scherzo, se qualcuno ci stesse prendendo in giro?”
“Beh, che se la rida pure. – ribatté il primo - Non sto dicendo che ci credo davvero, ma che cosa ci costa? Ah, lasciate perdere, se proprio non volete provare lo faccio io.”
“Stai attento, ricordi quella storia…”
“Lascia stare le storie adesso – tagliò corto il primo, poi si rivolse all’essere – Hai detto qualunque cosa?”
Qualunque cosa.” confermò questi.
“Allora voglio un biglietto vincente della lotteria, vediamo se ti riesce.”
La cosa parve riflettere un attimo, poi tese un rettangolino di carta al suo interlocutore. Questi rimase per un attimo a osservarlo, incerto. Allungò la mano lentamente, tentennando, quindi afferrò il biglietto stando ben attento a non sfiorare neppure la mano che glielo stava porgendo.
“Forse… non è stata una buona idea.” commentò il secondo
“Perché no?” gli domando l’altro con tono sprezzante
“Potrebbe essere qualunque cosa… come fai a sapere che vincerà?”
“Aspetterò come tutti immagino. Voi due piuttosto? Pensate di chiedere qualcosa o devo approfittarne io?”
“Ecco… - il secondo tentennò, nervoso. Alla fine si decise a rivolgere la parola a quello che per lui restava una specie di sogno ad occhi aperti – Puoi… puoi davvero fare tutto?”
Tutto.” ripeté l’essere con il tono che si sarebbe potuto usare per spiegare qualcosa ad un bambino ritardato.
“Allora vorrei… vorrei non dover più sopportare il mio datore di lavoro con tutte le sue richieste assurde.” sbottò l’uomo. L’essere si limitò ad annuire con un cenno del capo.
“E poi sarei io quello che non ha le buone idee… voglio proprio vedere come farai a sapere se questa cosa ha avuto effetto.”
“Beh…” tentò di rispondere il secondo, ma non finì la frase vedendo che la cosa aveva rivolto il suo sguardo al terzo uomo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo. Inevitabilmente questi si ritrovò puntati addosso anche gli sguardi dei suoi due compagni, sebbene nessuno di essi si decidesse a dirgli nulla. Alla fine fu proprio la creatura che non avrebbe dovuto esistere a parlare.
Tu non mi domandi nulla?
L’uomo tacque ancora. Rifletté. Poi rispose. “No.”
Sprecherai il tuo desiderio.
“Non voglio nulla.” ripeté lui.
Eppure so che vorresti qualcosa. Qualcuno.
“No.”
Io posso darti ciò che vuoi, non è un sogno. Devi soltanto chiederlo.
“No, ti dico che non voglio nulla.”
Posso far sì che ti ami, non è questo che vuoi? Posso leggerlo dentro di te, è inutile che lo neghi, so che è questo che desideri.
“No. Non da te, non così. Forse potresti davvero darmi quello che desidero, ma non lo voglio a questo prezzo.”
Non ho chiesto nulla in cambio.
“No, certo. Il prezzo sarebbe sapere che non è per me che verrei amato, sapere che la mia felicità è a prezzo della sua, che per me è di gran lunga più importante.”
Se è così, hai già più di quanto io possa darti. Rinuncia alla tua possibilità di esprimere un desiderio, e io me ne andrò.
“Rinuncio.” Rispose lui, incurante degli altri due che tentavano di fermarlo
Così sia.” disse la creatura, e scomparve così come era apparsa, in uno sbuffo di fumo.
“Ma cosa sei, idiota?” quasi urlò il primo dopo che il fumo si fu dissolto “Magari era tutto uno scherzo, ma se non lo fosse stato? Avresti potuto almeno tentare.”
Non ci fu risposta, se non un sorriso amaro, mentre l’unico dei tre ad aver rinunciato alla propria possibilità si voltava ed usciva lentamente dal locale. Ebbe appena il tempo di sentire un ultimo scampolo di conversazione prima di essere in strada, dove il suono delle voci non poteva più raggiungerlo a causa della distanza e dei rumori del traffico.
“Almeno a me basterà aspettare… ma… che scherzo è questo? È dell’anno scorso, questo biglietto non vale nulla!”
“Ti avevo detto di stare attento. Hai chiesto un biglietto vincente, e immagino che quello lo sia… il biglietto vincente dell’anno scorso. Se lo guardi bene probabilmente scoprirai che è già ann…” poi i rumori inghiottirono le voci, e la vita riprese il suo corso.


Era già il sesto squillo. Non aveva nessuna voglia di rispondere, ma probabilmente era l’unico modo per farlo smettere.
“Pronto?”

“Oh… sei tu? Come mai… voglio dire, credevo non avessi neppure il mio numero…”

“Te l’ha dato lui? Sì, ho saputo che è stato licenziato, mi hai chiamato per quest… come?

“I…io… ma… come lo sai?”

“No, no certo, non ne ha, ma non avrei voluto che…”

“Tu? Me? Ma che cosa significa? Starai scherzando…”

“Ma come… voglio dire, non avrei mai pensato che…”

“Come? Sì, sì, ci sono ancora… solo un po’…”

“Vederci? Certo, quando?”

“Allora ci vediamo lì tra poco… A presto.”

Riabbassò la cornetta e sorrise, senza amarezza. Il genio aveva ragione, lui aveva già più di quanto gli avrebbe mai potuto dare, solo che fino a quel momento non lo aveva mai saputo.

3 commenti:

  1. Un vero e proprio racconto dimenticato.
    Risale all'8 Luglio del 2000, lo so perché è scritto nelle proprietà del file di Word, ma solo qualche mese fa, aprendo la cartella, mi sono accorto della sua esistenza.
    Leggendolo mi sono anche ricordato di averlo scritto, ma nient'altro: ancora non so, né riesco a immaginare, cosa mai avessi per la testa quando l'ho fatto, tanto si allontana dal mio genere e dal mio "stile" (sebbene entrambe siano abbastanza elastiche come definizioni nel mio caso)

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  2. Molto carina... davvero!! :D
    Mi è proprio piaciuta! :D

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  3. Riferirò a quella delle mie personalità multiple che deve averla scritta. ^__^

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