martedì 13 gennaio 2009

L'incubo di Stan

La notte era appena iniziata quando Stan si risvegliò di soprassalto rizzandosi a sedere sul suo giaciglio, ormai zuppo di quel sudore che continuava a scendergli lungo la fronte. Nella sua mente le immagini dell'incubo appena avuto erano ancora tanto vive che avrebbero potuto gelargli il sangue.
Nel sogno, qualcuno era entrato in casa mentre lui dormiva e... no... meglio non ripensarci.
Strano che i sogni possano sembrare tanto reali, pensò mentre tentava di asciugarsi il volto impallidito, eppure...
Il rumore di un'imposta che sbatteva al piano di sopra lo fece trasalire. Era certo di aver chiuso tutte le finestre. E se... ma che stupidaggine! I sogni sono solo sogni, niente di più, e quello non era poi tanto diverso dai soliti... magari solo un po' più spaventoso, tutto qui! E la finestra... be’, doveva essere stata una dimenticanza, perché preoccuparsene tanto?
Rinunciò ad asciugarsi, gli sembrava di essere stato immerso nel fango, e si sedette a gambe incrociate tentando di scacciar via dalla sua mente i residui dell'incubo. In fondo, pensò nel tentativo di tranquillizzarsi, se fosse davvero successo quel che aveva sognato se ne sarebbe già accorto. ... o no?
Si rimproverò nuovamente per l'aver dato tanto credito a qualcosa che non poteva assolutamente essere, ma ormai era più forte di lui, e non poté fare a meno di portarsi una mano sul collo. I suoi polpastrelli sfiorarono due piccoli rigonfiamenti, simili a punture di insetto, in corrispondenza della giugulare. Una goccia di sangue gli macchiò le dita. Non poteva essere ciò che pensava... non doveva esserlo.
Si alzò di scatto e corse in bagno per mettersi davanti allo specchio, ma la fredda lastra non gli rimandò alcuna immagine del suo volto.
Ancora tremante, si sfiorò i denti con la lingua, passando più volte sui canini. Erano lunghi ed appuntiti come le zanne di una belva.
Si diresse alla finestra ed osservò per un attimo l'ultimo quarto di luna. Il suo corpo sembrò mutarsi in nebbia, per poi rapprendersi nella forma scura di un enorme pipistrello.
Diede un'altra occhiata alla sua bara ed uscì in volo.
Certo, però, che era stato davvero stupido a preoccuparsi tanto per un banalissimo incubo.

2 commenti:

  1. Il valore di questo racconto è principalmente storico, e in effetti la sua storia è probabilmente più lunga del racconto stesso.
    Con i suoi quasi vent'anni di età, L'Incubo di Stan è il primo vero racconto che io abbia mai messo su carta (i miei scritti precedenti erano di un'altra età mentale, e altre cose le avevo solo pensate ma mai scritte, come del resto mi succede ancora oggi di fare) e successivamente riportato su file.
    In realtà della versione originale si sono perse le tracce, il foglio che la conteneva è andato perduto, con successiva riscrittura "a memoria" a sua volta perduta portando alla terza versione, che è all'incirca questa.
    Il racconto ha poi partecipato, in una versione leggermente ridotta, al concorso 500 Gocce d'Inchiostro, assieme all'ultimo racconto da me scritto all'epoca, Scacco Matto (quello poi arrivato in finale).
    Per quanto risenta dei suoi anni, anche ora ha alcune chicche gustose e tipicamente mie, come le "finte affermazioni" che lo costellano ["avrebbero potuto gelargli il sangue" a cui manca la vera conclusione "se ne avesse avuto", il "volto impallidito" che però non è tale per l'incubo, e via dicendo]

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