mercoledì 25 marzo 2009

Aria di casa

Erano passati anni dall'ultima volta in cui aveva fatto ritorno al suo paese. Ogni volta si riprometteva che sarebbe stata l'ultima, che ne sarebbe rimasto lontano, ma poi succedeva sempre qualcosa che richiedeva la sua presenza, e si vedeva costretto a tornare.
Una volta lì, però, si immergeva subito in quell'aria familiare, così connaturata alle sue radici. Gli sembrava quasi di non essersene mai andato, e si domandava il perché della sua reticenza.
Il motivo di questo suo ultimo viaggio gli era sfuggito ormai di mente mentre, rispettando una sua personale tradizione, stava compiendo la solita visita al cimitero, un luogo che lo aveva infinitamente inquietato quando era un ragazzino.
Il suo paese non era molto grande, la gente che vi abitava sembrava quasi essere l'estrema estensione di poche famiglie allargatesi allo spasimo, e determinati cognomi, tra cui il suo, ricorrevano con enorme frequenza. Aggiungendo a ciò il fatto che portasse un nome estremamente comune, si poteva capire come in quasi ogni angolo di quel luogo di riposo vi fosse una lapide da cui il suo stesso nome lo fissava come un monito.
L'abitudine, tutta locale, di non porre foto dei cari estinti sulle tombe, di sicuro non migliorava l'atmosfera. Sarebbe stato ben diverso, più tranquillizzante forse, vedere il proprio nome sotto il volto di un perfetto sconosciuto. Sapere che là sotto c'era qualcuno che si chiamava come lui, ma non aveva il suo stesso volto.
Distrattamente prolungò la sua passeggiata fino alle zone più nuove del cimitero, dove le cappelle e le lapidi adornate lasciavano il posto a loculi incasellati come le finestre dei palazzi delle zone industriali.
Lo sguardo gli cadde sull'ennesima lastra su cui spiccava il suo nome, attratto dalla curiosa coincidenza della data di nascita del defunto, uguale alla sua. La sepoltura era recente, la data di morte risaliva a solo pochi giorni prima.
Si ritrovò a sfiorare con la mano i rilievi delle lettere sulla pietra tombale, ad accarezzare il marmo, stupendosi di non trovarlo freddo.
Poi le sue dita, seguite dalla mano, dal braccio e dal resto di lui, andarono oltre, oltre il nome, oltre la lapide, oltre il cemento.
E si ricordò perché era tornato.

1 commento:

  1. Un raccontino estemporaneo ispirato da un post del blog "Paperoga e dintorni"

    http://paperogaedintorni.wordpress.com/2009/03/22/qui-giacera-paperoga

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